Una decina di giorni fa ho preso parte ad una gita. Con la mia mami.
Ogni gita che si rispetti prevede che non manchino questi elementi:
- un "Guido" un pò maldestro (o brillo, dipende dal budget di cui dispone chi organizza la gita);
- un nutrito gruppo di anziane amanti della vita (ben vengano), le quali si improvvisano cultrici di qualsivoglia genere di divertissement, spaziando dai dipinti astratti dell'elefante Emma alla pole dance in tenuta burlesque, con l'unico fine di non perdersi nemmeno una gita;
- una guida donna con tendenze militar-sadiche (sostituita in alcuni casi da guide eccessivamente leggiadre ed educate, che manco a dirlo diventeranno vittime sacrificali delle anziane di cui sopra);
- un clima assolutamente inaspettato da qualsiasi stazione meteo: caldi asfissianti i primi di marzo (e questo è il caso), freddi gelidi in settembre;
- simpatiche discussioni tra i partecipanti.
Tal gita fa parte del programma di eventi organizzati in occasione di Voce del verbo moda, di cui ho parlato nel post precedente.
Manco a dirlo, ogni cliché elencato qui sopra si palesa puntuale; un pò meno puntuale è invece la sciagurata signora che, con il suo ritardo di venti minuti all'incontro, riesce ad aizzare ben bene le suddette anziane pimpanti.
Nonostante la serenità della gita fosse ormai inevitabilmente compromessa, il Guido parte in quarta, e sbaglia strada.
Ma è stato un errorucolo da poco, lo cito perchè sono infima, in realtà solo un paio di strade chiuse, e da ciò deduco che facesse parte di quelli sobri.
Con i fatali venti minuti di ritardo, giungiamo a Trofarello, alla sede dell'azienda Tamigi, detentrice del marchio Kristina Ti.
Subito la divisione in due gruppi, io nei rosa, evvai, e la mia mami anche, che si interroga su dove posizionare il cartellino riconoscitivo. "Mami puoi anche metterlo in borsa, serve a te per sapere dove andare!", e niente, se lo pinza sul davanzale. Così, consce della nostra appartenenza cromatica, ci avviamo verso l'outlet aziendale: a dire la verità io mi aspettavo uno stabile faraonico con corridoi pieni di relle colmi di abiti all'inverosimile. Sono perciò rimasta un attimo delusa perchè l'outlet di Trofarello di Kristina Ti è piccolino, ma a dir la verità carino il giusto. Una super disponibile commessa ci illustra la suddivisione tra capi della primavera estate e capi dell'autunno inverno, e da lì comincia l'inferno. Le anziane signore si muovono disordinate con in mano maglioni, gonne, camicette, domandando tutto il domandabile, cercando di destreggiarsi nel difficile gioco del "calcola la percentuale di sconto e detrai il valore ottenuto dal prezzo del cartellino". Le regole penso le conosciate, loro un pò meno.
Il giro dell'outlet risulta fruttuoso per Giulia (io) e Paola (mami), che escono trionfanti con due camicette gemelle della stagione 2011 pagate 10 euro l'una.
Il gruppo rosa ora è chiamato alla parte meno ludica, per qualcuno, della gita: il giro dell'azienda Kristina Ti. Io invece sono elettrica, non vedo l'ora di conoscere da vicino una realtà per me così affascinante. E dunque mi faccio (semi) seria.
Ci accoglie Franco Tardito, il papà di Cristina e a.d. della Tamigi s.p.a., un uomo di settant'anni che ha l'aria e l'esperienza di uno che con l'imprenditoria ci sa fare.
La parola chiave della sua carriera è stata DIVERSIFICAZIONE: diversificare per lui ha significato trasformare un'azienda di maglieria intima, che usava tessuti pregiati e che nel '75 creava preziose capsule in seta, in un'azienda prevalentemente legata ai costumi da bagno, che ebbe tra le sue testimonial anche Monica Bellucci; ha significato cambiare il proprio mercato di riferimento, passando da una selezionata nicchia di mercerie a un pubblico più vasto e composito. Diversificando ci si salva dall'oblio, si prende parte al progresso di un Paese.
"Un'idea è una fortuna". E sono d'accordo con lui (anche se dipende dalle idee).
Durante gli anni '90 comincia a prendere forma la figura di Cristina all'interno dell'azienda di famiglia. L'entusiasmo è il suo asso nella manica, non ha una particolare formazione tecnica, ma ha tanta passione e inizia a dedicarsi alla moda. La vera Kristina Ti nasce nel 2000, da quando la Tamigi si concentra sull'abbigliamento.
L'azienda si appoggia a strutture di eccellenza sul territorio del norditalia, laboratori che creano utilizzando solo tessuti e stoffe italiani.
Una curiosità molto interessante, che Franco Tardito ci svela in chiusura del suo intervento, è il nome di un cliente che da 12 anni collabora con Kristina Ti, delegando il taglio e la confezione di parecchi modelli delle sue collezioni: un nome da nulla, Chanel! Ebbene sì, Cristina viaggia molto, e spessissimo si trova a Parigi per definire i dettagli di questa liason che aiuta il suo marchio a portare avanti il suo lavoro a livelli eccelsi.
Ci spostiamo nell'ufficio stile di Cristina, che purtroppo è assente (indovina indovinello, è a Parigi), e ci dà il benvenuto Gabriella Prete, Retail Manager di Kristina Ti, cicerone del nostro giro di qui in avanti.
C'è anche Chiara, che supporta Cristina nella ricerca stilistica della P/E '15 (sì, la moda è costantemente temporalmente sfasata), che ci spiega l'essenza della donna Kristina Ti: è femminile, seducente, ma non volgare, mixa un gusto hippie a tratti etnico ad uno più elegante e raffinato. Di base c'è la RICONOSCIBILITA', il marchio evolve ma è fedele a se stesso, le collezioni guardano molto al passato e spesso l'ispirazione nasce da uno sguardo all'archivio vintage.
L'amore per la tradizione traspare anche dall'estetica dei punti vendita Kristina Ti, dove una raffinata ricerca per i materiali porta a scegliere un mobìlio completamente in legno su pavimenti del '700: non vi troverete mai acciaio, superfici specchiate o colori sgargianti, ci rassicura Gabriella.
Lo step successivo ci ha portati a conoscere le prototipiste e le modelliste che sviluppano l'idea, la bozza di Cristina (l'ho avuta tra le mani ma non ho potuto fotografarla!). Il loro lavoro è fondamentale, devono riuscire ad interpretare il pensiero/progetto del direttore creativo.
Si crea così un modello in tela per evidenziare eventuali difetti (pare che Cristina sia molto esigente per quanto riguarda l'interno degli abiti, soprattutto) e poi si trasferisce il tutto su tessuto.
E' importante, durante la realizzazione di un capo, seguire e compilare la griglia dei tempi/costi/misure: una sorta di identikit che permetterà ai laboratori di ricreare nei minimi dettagli il modello, e all'azienda di capire se i costi sono in linea con il posizionamento del prodotto sul mercato.
La sartorialità è basilare, distingue un capo Kristina Ti da uno industriale, ci spiegano le dipendenti, e le nuove generazioni pare abbiano uno spiccato senso per ciò che è di buona qualità, fortunatamente.
Chiude l'intrusione del gruppo rosa la tappa al laboratorio della sede, dove il tessuto viene tagliato.
E qui via libera alle figuracce: io e le anziane, accattone inside, decidiamo senza pensarci un secondo che gli scampoli di stoffa Chanel sparpagliati nei bidoncini degli scarti DEVONO essere nostri. Garbiella sorride, grazie a Dio, confermando che il loro destino sarebbe stato la morte nell'immondizia. Così, guadagnandomi il disappunto della mami, salgo sul pullmino carica di triangoli di lana di un color senape indigeribile, fiera e felice.
La gita è finita, ho visto da vicino come può essere fatta un'azienda di moda, ho aggiunto all'armadio una fantastica camicetta morbida color verde acqua, e ho imparato che un'idea può essere una fortuna (soprattutto se una fortuna già ce l'hai).


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Sfilata Kristina Ti P/E '14 (fonte.style.it) |
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